giovedì 31 maggio 2012

I figli cadono. La gravità non si poteva pensare un po’meglio?

figli che cadono
I figli sono in grado di capovolgersi inciampando nella loro ombra
Le strade a maggio sono piene del vagabondare dei genitori che nel loro “taxi” trasportano i figli tra un torneo, una partita e una festa di fine anno.
In questo gran trasporto, se notate i sedili dietro delle auto, sono pieni di “nani” con un libro in mano per ripetere durante il tragitto nozioni fondamentali per l’ultima verifica dell’anno, quella “davvero decisiva”. Naturalmente le verifiche “davvero decisive” sono tutte nel mese di maggio e sono almeno tre al giorno.
Poi c’è sempre un figlio che si bozza da qualche parte alla vigilia della partita “davvero decisiva” (sembra che nel mese di maggio tutto abbia il vizio di diventare estremamente “decisivo”. E’ un atteggiamento monotono delle priorità che diventano tutte “decisive”, in concomitanza della dichiarazione dei redditi). In questi casi il coatch raramente si mostra particolarmente comprensivo e forse ha le sue ragioni: tutti i ragazzini ingolfati dal mese dei primi caldi e dei primi starnuti da allergia sono sempre contati e le contusioni impreviste fanno arricciare il nervo come fossero “avversità della vita ingiustamente gratuite” (altrimenti dette “ma devono capitare proprio tutte a me?”). Le reazioni dell’atleta (e allenatore) possono essere di due tipi: c’è il tipo “un po’piegato” che cede con rassegnazione accasciandosi lentamente al suolo, di fronte alle “sventure della vita” (a 10 anni, sotto la voce “sventure della vita” è compreso l’essere costretto a zoppicare per via di un pestone all’alluce proprio alla vigilia della finale di torneo; certo che se camminasse senza guardare sempre “alti orizzonti”, forse non inciamperebbe nella sua ombra! Per un “mago” del pallone come lui non dovrebbe essere uno sforzo clamoroso provare a camminare come sanno fare tutti senza capovolgersi ogni tre passi…). L’altro tipo di reazione è quello dove il nervo prevale sulla rassegnazione e si potrebbero fare studi di anatomia, se qualcuno si prendesse la briga di analizzare i muscoli facciali, tutti in piena contrattura. Comunque siamo riusciti a rimettere insieme i pezzi con qualche fasciatura ben pensata e bagni di gel all’arnica. Agendo sull’alluce, in realtà siamo riusciti ad appianare i muscoli facciali di atleta e coatch, facendo riemergere la loro solita faccia. Meno male!


martedì 29 maggio 2012

Dove coltivano le patatine fritte?

patatine fritte
Le "bolle da salamella" ingombrano nello stomaco molto più della salamella
Se è possibile sopravvivere alla spesa (http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/05/ricette-in-liberta-tradotto-anarchia.html) è indubbiamente poco probabile sopravvivere al mese di maggio. Ma l’ho già detto (http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/05/le-scrivanie-specie-al-lunedi-mattina.html ). Dopo gli “anta” può capitare di ripetersi, ma passare la giornata rincorrendo figli che rincorrono un pallone è stancante. La giornata diventa un insieme di buchi vuoti tra un torneo di calcio e l’altro e i buchi vuoti sono fatti apposta per cambiare figlio e spostarsi ad un altro torneo di calcio.
Oltre agli evidenti problemi logistici del vieni-vai&porta, non sono da sottovalutare gli stand delle salamelle post-partita, che dopo un mese, sembrano fatti apposta per condensare occhi di unto che vagano nel sangue circolando in giro per le arterie.
Ci sono tornei dove l’organizzazione calcistica è fatta apposta per svuotare le tasche del genitore accompagnatore e riempire la pancia di quanto esista di più malsano. Chissà perché una cosa, più è malsana, più è irresistibile.
Ieri sera grande abboffata di pesciolini fritti. Non è facile negarsi il piacere degli incubi notturni in cui sei la protagonista di un film d’avventura subacqueo, contro un minuscolo mostro a forma di pesce fritto. Blob... La porzione era davvero generosa e ho ancora le bolle alla pancia. Convengo quanto siano decisamente più leggere le salamelle. Quindi la prossima volta starò sul 'dietetico' (dietetico = salamella, senape crauti, patatine fritte e birra); dovrò stare attenta però a non cedere davanti al fritto misto. Una possibile strategia preventiva per evitare le bolle da stand post partita potrebbe consistere nel passare dal frigo prima di uscire di casa e inciampare nel vasetto della maionese. Andrei al torneo con le solite bolle e questa sensazione sgradevole mi permetterebbe di non cedere alla tentazione del profumo del fritto misto. Ma il problema si sposterebbe sulla maionese. È di difficile soluzione... Bo?
Si potrebbe anche pensare ad un “beverone digestivo”; probabilmente sarebbe più efficace del limoncello gelato di ieri sera. Però sarebbe triste, dopo il limoncello gelato, subìrsi una tisana per le bolle nella pancia. L'ho detto: è di difficile risoluzione!
Tutto sommato, andando ai tornei di calcio si apprezza quanto la cucina di Abia, offra i suoi vantaggi.
LINK: Ottimi i cani (tradotto: hot dog), patatine fritte gustose
LINK: La sagra della patata di Rimini

giovedì 24 maggio 2012

Ricette in libertà (tradotto: anarchia maschile in cucina)

ricette
Estro e fantasia (e anarchia del testosterone)
In questo momento sono in auto. Energie a zero per fare operazioni complicatissime quali a) scendere dalla “poltrona” della mia punto b) prendere il carrello della spesa c) proseguire nel lungo e laborioso algoritmo che si conclude con la spesa nel frigorifero.
E allora tergiverso e giochicchio, scrivendo sul cellulare.
Quello che mi dà più fastidio è pensare al fatto che la coerenza della mia lista della spesa, in questo periodo dipende soprattutto dall’estro del momento del mio nano-Abia, il quale preso da intraprendenza e vigore, si cala nei panni del capo-chef e “ordina”. In questo periodo a pranzo stiamo gustando la sua cucina, in quanto lui torna a casa quasi mezz’ora prima di tutti gli altri. La logicità della lista della spesa prevede spesso accostamenti particolarmente fantasiosi, quali tonno e pancetta, o gorgonzola e sardine o altre lievi varianti sul tema… Lungi da me il fatto di mortificarne l’estro proprio sul nascere (e poi diciamocelo: che comodità è tornare a casa e trovare pronto??). Temo però che prima o poi qualcuno interverrà per amore del buon gusto e la sua vena creativa non ne trarrà beneficio; e nel caso il capo-chef decidesse per le dimissioni, vedrei un enorme punto a sfavore: se al momento qualcuno può pensare che c’è perfino di peggio a quanto propina mamma (che sarei io), un eventuale rientro al rigore degli accostamenti potrebbe mettermi nuovamente in pieno centro delle attenzioni dei critici culinari di casa (che sono ben quattro! E sono tutti bravissimi a svolgere il loro ruolo!)
Un vantaggio però ci sarebbe: non sarà più necessario pensare ad un’imbiancatura per rimediare allo strato spesso qualche centimetro di sugo color rosso fuoco che addobba a chiazze le pareti; forse natalizio, ma a maggio un po’fuori tema.
Per fortuna ho diverse amiche da invitare a pranzo, in modo che loro portino la marmitta con il sugo e al mio pargolo vada solo l’onore della cottura “au point” della pasta. I figli degli amici, presenti al seguito dello loro mamme con marmitta da sugo, servono per distrarre Abia dall’introduzione fantasiosa di eventuali ingredienti per personalizzare la ricetta.
Poi c’è il fatto che secondo lui, la mia dispensa è ricca delle cose più inutili o scadute, ma in quanto a materiali commestibili lascia alquanto a desiderare, così impegna tutti i suoi risparmi in lunghi sms con liste della spesa strampalate. La caratterizzazione della mia dispensa come “inutile” può anche essere vera, almeno in parte, ma certo è che quando lui guarda in frigorifero a cercare qualcosa (come accade ogni volta che guarda un qualsiasi posto per cercare qualsiasi cosa) gli si spengono completamente i ricettori, assume uno sguardo perso nel vuoto ed entra in paziente attesa che qualcosa di interessante gli salti in mano.
Penso che sia una questione genetica che abbia a che fare con gli “YX”: oltre a non trovare mai niente, quando sono in cucina loro, sembra che sia passato un rinoceronte imbizzarrito, molto goffo e decisamente maldestro.
Sarà meglio dare un taglio alla mia pausa e, invece di fare del sarcasmo, farò un atto di coraggio: uscirò da qui e affronterò tutta la sequenza di azioni previste sotto la voce “spesa”. In genere quando sto per uscire dal super inizia il diluvio, quindi spero per voi che tra mezz’ora siate tutti muniti di ombrello.

martedì 22 maggio 2012

Mamma che blog.com/

Io ci vado….
Tu ci vieni?
Ci vediamo là?



9 giugno. A Milano. Aperto a tutti, ma protagoniste le blogger, magari con famigliola al seguito.
Io avrei potuto partecipare libera e felice, finalmente senza figli, mariti, nonne, zie e allenatori intorno (il resto della mia truppa è impegnato, come al solito, in tutte le loro possibili attività varie del week end e se ne guardano bene da farmi da ruota di scorta!).
E invece no! Ho pregato (sì, l’ho fatto!) una mia amica con due-enne al traino di accompagnarmi. Tetta, vasetti di pappette e scaldini compresi. E, cosa ancora più buffa, lei mi ha risposto “sì”.
Quindi, se vedete due pinguine, una ingombrantissima con tutto l’enorme volume e chiasso che occupa uno gnomo di due anni che si fa rincorrere dalla sua mamma e l’altra con un vortice colorato al posto della pancia, bè, quelle siamo noi due.

Logo
"Pomella"
Sarà il nostro giorno, un po’di vacanza, linkandoci ad un po’di idee e un po’di novità, conoscenze nuove, con un tuffo nel corridoio d’entrata del nuovo millennio, con una galleria del vento che ti trascina entro una grande rete fatta apposta per consentire all’evoluzione umana di ridurre le distanze tra tutti.
Sembra bello!
E mentre facevo le solite milletrecentocosecontemporaneamente (quella più impegnativa era origliare un figlio che ripeteva storia…), mi sono iscritta (involontariamente, credetemi! Stavo pigiando tasti a caso mentre facevo altro…!) a un qualcosa che si materializzerà sabato 9 in un tubo nero che mi guarda e registra mentre parlo e che poi finisce su youtube.
Ci vediamo là. Non piantatemi in asso. Ciao.




lunedì 21 maggio 2012

Una sorella maggiore che si laurea è una fonte inesauribile di fogli di riciclo per aeroplanini di carta

aeroplanini di carta
tanta fatica si misura in numero di aeroplanini

Ilaria, figlia di un’amica, sta finendo la sua tesi di laurea. A parte il fatto che fa un po’specie vederla approdare a questo appuntamento, proprio lei che aveva il vestitino con i fiocchetti rosa nelle foto da piccola, mentre ora è una splendida ragazza con gli occhioni verdi contornati da lunga ciglia col rimmel e che macina la vita con l’aggressività dei suoi vent’anni.
La laurea è uno di quegli appuntamenti con la vita che segnano un confine profondo tra uno stato di beata giovinezza e un qualcosa che prevede responsabilità, bollette da pagare e contributi da versare.
Sono apparsa in camera sua per farle i complimenti e mi sono persa in un groviglio di foglietti, appunti, bozze, disegni, qualche calzino appallottolato in un disordine che somiglia quasi a quello di casa mia. Tutti carissimi ricordi nel quale ci siamo tuffate piacevolmente per il resto del pomeriggio, chiacchierando “dei vecchi tempi” (chiacchierare dei “vecchi tempi” con una ventenne è una delle cose più dolci che si possano provare!). Abbiamo provato a dare un senso logico a tutto quel disordine di oggetti accantonati nella fretta della consegna e lì ci siamo perse. Ne sono uscita naturalmente dopo aver ulteriormente contribuito al caos generale di quella stanza, ma è stato uno dei pomeriggi più piacevoli degli ultimi tempi.
I “cari ricordi” del tutto inutili a crudi fini pratici, ma impossibili da buttare per nostalgici come noi, sono stati attenta fonte di studio del nostro pomeriggio.
Ci conosciamo da anni e abbiamo passato insieme non poche estati: lei è la sorella maggiore di amici dei miei mostri, nonché sorella “adottiva” dei miei mostri. Ovviamente, l’estate e la vacanza sono il luogo ideale per tessere relazioni profonde e durature, sulle quali basare i ricordi delle avventure più buffe e strampalate, impossibili da dimenticare. Temporali dirompenti, cadute nei torrenti, scivoloni nei nevai, perdita dell’autobus di ritorno e sovraffollamento di una povera utilitaria passata di lì per caso, con figli, fratelli, zaini e panini inzuppati, non sono un bagaglio da poco nel cestone dei bei ricordi.
Il punto sul quale ci siamo soffermate più a lungo sono le foto. Ne aveva una gran quantità in una scatola, perché le persone con una storia che conti un numero di anni superiore alla decina, hanno ancora qualcosa a che fare con i negativi e le stampe su carta. Molte erano ingiallite dal tempo e si vedeva la sua mamma (una mia carissima amica) alle prese con fasciatoi e biberon. Altri tempi. Passando dal biberon alla laurea in un pomeriggio abbiamo scoperto che nel 1990 c’è stata la prima guerra del Golfo, viene assegnato il Nobel per la pace a Gorbachev, la SIP diventa il primo operatore cellulare europeo con le prime centrali GSM, dando la possibilità a Omnitel di nascere. E vi ricordate gli Swatch? Sono il simbolo degli anni ’90. Nel ’90 il Napoli vince lo scudetto grazie a Maradona e al cinema impazzivamo per kevin Costner in “Balla coi lupi”.
Veniamo svegliate dal bombardamento di un appuntito aeroplanino di carta fatto con uno dei fogli della bozza di tesi e questa è un’attività particolarmente intensa negli ultimi tempi in quella casa. La cosa strana è che nel XXI secolo i bit non abbiano ancora dato una sonora pedata alla vecchia cellulosa, che non è ancora completamente fuori moda, con buona soddisfazione dei lanciatori di aeroplanini e dei creatori artistici di origami.
LINK:Il regalo storico: vino d’annata (1990)




giovedì 17 maggio 2012

Operazione cactus

operazione cactus
C'è...un cactus fra di noi!

Come capita di frequente, la comunicazione fra marito e moglie è carente su alcuni punti, tali per cui non si parla più “fringuettando” (bello “fringuettando”: non esiste ma rende l’idea!) e civettando come i primi mesi; a volte la comunicazione è quasi “gutturale”, soprattutto quando si va di fretta e si spera che la “controparte” capisca al volo l’emergenza e quello che abbiamo in testa; ovviamente pensare che la “controparte” (e già appellarla così, non ci mette sulla buona strada!) “capisca” (e in questo caso si sottintende “CI capisca”) è come credere a Babbo Natale.
Poi è anche vero che l’intuito maschile è rapido, fulmineo, scattante, mirato e ricettivo come un bradipo bacucco, accecato dalla vecchiaia, duro d’orecchi e morto di sonno.
E da qui nasce una discussione interminabile, spesso con invettive abbastanza dirette e pungenti (le donne sono abilissime in questo! Hanno una vera e propria destrezza da Robin Hood a colpire nel segno. A volte persino chirurgiche!).
Ne segue che ci si abbai a vicenda qualcosa di convulso e contraddittorio fino a far esplodere il nervo scoperto.
A volte i motivi di lite sono seri e sonori; ma il più delle volte capita che il tema che ha originato l’eruzione vulcanica siano tanto fragile da essere dimenticato dopo le prime tre battutacce irritanti e convulse, che diventano ben più terribili del motivo originario.
In questi casi, almeno per il bene della collettività familiare, urge fare pace. Anche perché mi sento un po’ridicola a continuare a chiedere a terzi “dite a Paolo di passarmi il sale”…
Sulle prime ci si sente in pieno diritto di sentire le scuse. Si immagina di ricevere enormi mazzi di rose da far starnutire gli allergici di tutta la zona. Ovviamente le rose non arrivano e, nel frattempo, capita di fare la spesa. L’altro giorno, in una situazione di questo tipo, ho visto nel bancone delle piantine di basilico qualche cactus. Sono stata attratta dal più piccolo ma più pungente di tutti. Nel sceglierlo, non solo mi sono punta io, ma si è punta anche la commessa e credo che il sedile della punto rimarrà pieno di spine di cactus fino alla sua rottamazione. Ho scelto un cactus con un vasetto rosso, come avrei immaginato le mie rose. Poi a casa ho preparato un bell’involucro proprio tipo mazzo di fiori, con tanto di carta domopak, prendendo spunto da come la mia immaginazione mi metteva davanti l’involucro delle mie rose. Il mio grande mazzo di presunti fiori, racchiudeva in fondo-in fondo, dentro-dentro, il minuscolo cactus e si intravedevano fuoriuscire solo le minacciose spine.
Se non capisce al primo cactus, probabilmente dovrò provvedere a riempirgli la scrivania di piante carnivore, pungenti e urticanti. Chissà se il suo intuito maschile lo porterà a domandarsi qualcosa, prima di trasformargli l’ufficio in una serra?


martedì 15 maggio 2012

La distrazione è una forma entropica di dispendio energetico. E genera calore. Occhio allo scioglimento dei ghiacci

neve
Dati empirici confermano che per andare a sciare…siano molto utili gli sci

Non è uno scherzo idiota: sembra proprio tutto vero! L’ho scoperto ieri sera.
Erano in due, qualche week fa e, in due, sono riusciti a generare una tale sequenza di dimenticanze e disguidi che il calore generato da tanta entropia scioglierà i poli nei prossimi mesi (se avete intenzione di aprire una gelateria, è dunque il momento adatto).
In due, non arrivano a 30 anni compiuti. Uno dei due è uno dei personaggi che vive a casa nostra; l’altro è l’amico di sempre, quindi spesso si trasferisce a casa nostra.
Hanno deciso di prendere in prestito un adulto munito di patente che li portasse in montagna a sciare, giusto per godere gli ultimi punti in scadenza dell’esselunga beneficiando di numero 2 skipass. Hanno sottolineato la loro abilità a “cavarsela da soli” praticamente in tutto, fatto salvo la questione della patente.
L’adulto preso in prestito è una mia amica da sempre, molto affidabile ed ha confermato tutto.
Non è leggenda.
È andata più o meno così:
Giorno 1:
Partono dallo chalet diretti ai campi da sci, grazie al “taxi” dalla mia amica.
Arrivati in cima alle piste con la funivia, uno dei due ominidi si accorge di essere…senza sci. Per fortuna il cellulare prende anche da là in cima e la mia amica fa dietro front per andare con l’auto a recuperare gli sci lasciati allo chalet.
Le racchette dell’altro ominide, invece pare che siano rimaste proprio a casa-casa, cioè nel box dell’appartamento dove vivono: sono state infilate nel portabagagli dell’auto sbagliata, già in prima fase di partenza. Per fortuna con il noleggio sci proprio ai piedi delle piste, sono state recuperate anche le racchette.
Dopo aver fatto un po’di slalom…tra le margherite (il tempo folle ha dato soddisfazioni altalenanti con la neve quest’anno), la fame rabbiosa ha il sopravvento e dopo la giornata un po’tormentata i nostri eroi fanno rientro a casa.
Giorno 2:
La mattina per la mia amica è passata nella monotonia di un’unica e costante attività: il raccatto di una lunga lista di oggetti richiesti dagli ominidi; tutto sempre in punta di gentilezza: “per favore”, “grazie”, “non c’è di che”, “prego”…; tanta gentilezza probabilmente deve aver confuso un po’le idee perchè la mia amica, nel passaggio di tanti oggetti, non si accorge di prendere una coppia di…due guanti destri. Uno rosso e l’altro blu.
Arrivati alla partenza della funivia, si accorgono di aver lasciato lì, dal giorno 1, i seguenti utensili: n.1 paio di sci, infilati nella neve, davanti al baretto; n. 1 paio di scarponi, mimetizzati sotto due distinti mucchi di neve.
Poi tutto rientra nella normalità, se consideriamo “normale” la scomodità di sciare con due guanti destri.
La serata prevede un’estenuante contrattazione sull’ora esatta su cui puntare la sveglia il giorno seguente, ultimo del lungo week end di vacanza, da “godere pienamente”. L’esito del fragile equilibrio nella lunga e difficile trattativa diplomatica porta a subire il drin della sveglia alle 8.43 esatte.
Giorno 3:
Spenta la sveglia in modo isitintivo e compulsivo alle 8.44, il primo che si è accorto che era ora di abbandonare i morbidi piumini lo ha fatto alle 12.52.
Virtuosamente, alle 13.34 i nostri eroi erano al solito piazzale della funivia.
Salvo una caduta acrobatica di faccia, arando un lungo tratto di pista col naso e lasciando una traccia rossa ceralacca sul bianco della neve, tutto sembra poi filato liscio per il resto del pomeriggio sulle piste.
Al rientro, l’idea era questa: la mia amica e uno degli ominidi avrebbe sistemato tutta l’attrezzatura e qualche valigia già pronta nel portabagagli dell’auto, in previsione del viaggio di ritorno. Nel frattempo l’altro ominide sarebbe andato a prendere il pane e due torte, già ordinate in precedenza; in prossimità del bancone, proprio quando finalmente la coda davanti lasciava uno spiraglio di speranza per l’ordinazione, un neurone si attiva per chiedersi come potesse essere finito in tasca un guanto dell’altro ominide; questo intenso lavoro elettrico di contatto neuronale, fa sì che le torte ordinate rimangano sul bancone. Dopo un breve tragitto verso casa, i due ominidi si incontrano e decidono di tornare insieme dal panettiere per recuperare le torte. In due, questa volta riescono a dimenticare sul bancone del panettiere il pane e il guanto appena trovato misteriosamente in tasca; in compenso sono riusciti a non dimenticare le torte.
Intanto il tempo scorre e le scarpe portate dal calzolaio a riparare il giorno prima sono destinate a rimanere nel negozio del calzolaio, in quanto ormai ha chiuso.
La mia amica, nel mese seguente è andata in giro portando nel suo portabagagli una (una sola!) racchetta del mio ominide e un (uno solo!) guanto da sci, in attesa di incontrarci, prima o poi e restituirmi i poveri resti.
...Ed è tutto tragicamente vero!

lunedì 14 maggio 2012

Le scrivanie, specie al lunedì mattina, sono un comodissimo piano orizzontale. Un po’duro, ma orizzontale.

Lunedì
Una scrivania al lunedì: provvidenziale!

Sto ritrovando una briciola di equilibrio psicofisico dopo un week end ingarbugliatissimo. E, con l'aiuto di una buona lente di ingrandimento, la briciola me la faccio bastare.
Il mese di maggio prevede dei week end imbottiti di vere e proprie sfide contro le più banali leggi della fisica.
Ad esempio, c’è chi sostiene l’incompenetrabilità dei corpi. Non c’è fesseria più facile da smontare: provate a riempire la Panda 4 posti di un allenatore con 11 adolescenti in crescita e borse sportive annesse da portare alla partita. Basta guardarli da lontano e la legge va a pallino.
Poi c’è chi sostiene che il dono dell’ubiquità è una favola. Provate ad essere mamma e provate ad avere almeno un figlio e un marito (poi si narra di mamme con più figli e più mariti… Ma qui la faccenda è talmente complicata da non meritare altre argomentazioni); in queste condizioni, per qualcuno dotato di un minimo di buon senso, può essere verosimile il fatto che una mamma non abbia il dono dell’ubiquità? L’ubiquità è un primo postulato della teoria relativistica: la velocità della luce negli spostamenti è l’ingrediente 1 che consente lo sviluppo di questa teoria (probabilmente Einstein si è ispirato alla sua mamma durante il mese di maggio…).
A maggio, in particolare, non c’è nipote o cugino o amico che non vi abbia invitato ad almeno una Comunione, una Cresima, qualche matrimonio e forse un battesimo. In genere tutto è concentrato nello stesso week end. Spesso poi, i figli hanno, sempre in quello stesso week end, quattro feste di fine anno irripetibili e irrinunciabili (vanno sommati tutti i gruppi classe, i gruppi sportivi, i gruppi ludici, i gruppi del catechismo, gruppi e sottogruppi vari ed eventuali, insomma…). Poi c’è la spesa di piatti e bicchierini di plastica per il rinfresco con le maestre, nonché l’acquisto di prodotti per torte e il pomeriggio passato guardando con ansia il forno tenendo lo stuzzicadenti in mano a prova della lievitazione. A me, in quei pomeriggi capita sempre un figlio da andare a prendere da qualche parte, proprio in concomitanza del punto giusto della lievitazione; quella non lievita come dovrebbe e io arrivo in ritardo a prendere il figlio.
Naturalmente non è ammissibile mancare ai saggi di fine anno che comportano gli accompagnamenti alle relative prove dei saggi di fine anno.
Vanno ordinati e acquistati per tempo tutù, borse con il logo della società sportiva, costumi a tema e ammennicoli vari. Ho provato persino a scansare per miracolo le “pinne per le gare di salvamento regionali” (esistono anche quelle!). E, chissà perché, ogni anno sono sempre la prima dell’elenco dei nomi di coloro che sono “fuori lista” per l’ordine e l’acquisto; se fossi arrivata un minuto prima a parlare con l’allenatore, avrei già tutto l’occorrente in mano a prezzo scontato, ma così bisogna farlo arrivare o addirittura farselo fare apposta. E ogni anno c’è sempre la solita mamma bionda e con le unghie dipinte che è la prima ad uscire con tutto l’occorrente sotto il braccio.
Poi, sempre a maggio, si aggiungono almeno un paio di parenti che approfittano per fare la festa saltata nell’inverno perché gli acciacchi lo hanno impedito; ovvio che sia indispensabile trovarsi a maggio, prima di partire con il gruppo della terza età, che offre un soggiorno alle terme con il Don che soffre di reumatismi.
Insomma, per fortuna hanno inventato i lunedì e le scrivanie. Provvidenziali!

sabato 12 maggio 2012

A proposito di dinosauri: io sono del ‘66 (fine anno, però)

dinosauro
Il "Calendario del Giurassico"
Finchè si conta fino a sei…sette… è facile. Da quando ho superato gli “anta”, i numeri sono più o meno un po’tutti uguali. Ricordo che Abia, quand’era ancora alto un metro e un tappo (ora mi supera di una spanna), dall’alto dei suoi 6 anni appena compiuti, è uscito con il suo primo commento che mi ha lasciato un segno indelebile: “Per forza che la mia maestra di nuoto è brava, bella, simpatica ed in gamba: ha solo 21 anni!”
…Silenzio.
L’eloquenza del silenzio era evidente: chi supera i 21 anni ormai è da buttare.
Allora, sentendomi un po’punta sul vivo, ricordo di aver voluto andare a fondo alla faccenda; ho cercato di frenare l’animosità che avrebbe potuto prendere la discussione, prendendo il discorso un po’alla lontana, e come al solito, mi sono impantanata da sola: ho scoperto che le maestre di scuola, pur avendo superato i 21 anni, in genere hanno la tendenza a superare brillantemente “l’esame”; il “papy” è “ok”, anche se è “un po’datato”, i nonni vanno bene; anche i genitori degli amichetti, considerati uno ad uno, in genere superano abbondantemente l’esame: “Bè, loro sì che…”.
Tornando ai giorni nostri, sembra che l’indice di gradimento dei prof (scuola media e primi anni superiori) sia drasticamente calato, se messo confronto con il rispetto che suscitava “La Maestra”. Poi il diagramma scende, ancora più vertiginosamente, se ci muoviamo verso il basso sulla scala gerarchica: alle elementari, la bidella Flora era bionda, accogliente e simpatica, soprattutto mentre veniva in loro soccorso con un cerotto. Ora, il bidello Mimmo, è –poveretto- il bersaglio preferito di tutti gli sciamannati adolescenti che frequentano le scuole medie. I pochi capelli grigi che lasciano spazio alla pelata non lo aiutano. Forse, anche il suo ciabattare un po’sciatto per i corridoi, trascinando la panzotta del benessere, non fa di lui un gran figo verso il quale un adolescente intenda puntare.
Gli adolescenti, nella loro evoluzione, hanno bisogno di definirsi un’identità, tutta da costruire; loro sono un gran pasticcio fra voglia di indipendenza, associata alla necessità di avere una figura di riferimento. E noi, poveri adulti, siamo stritolati in mezzo. Io poi, sono il prosciutto in mezzo ad un sandwich di quattro esseri di genere maschile, che vivono in casa “mia”.
Ma che dire poi del nostro Bel Paese, soprattutto in questi giorni? Abbiamo visto nascere liste civiche come funghi e il movimento 5 stelle ha catturato tutti, da destra alla sinistra, astenuti-da-sempre compresi. Ma… (e qui forse la sparo grossa!…) non sarà per caso che questo successo derivi da una “crisi adolescenziale” di un po’tutti noi? Voglio dire: siamo passati dal vecchio (ammuffito, forse) “partito”, quello con gli ideali, le lotte, i volantini, i dibattiti… quella roba lì insomma, per un tuffo a capofitto in un qualcosa che vuole chiamarsi “movimento” per non identificarsi con quello che, almeno un po’lo è: un “partito”.
Intendiamoci: accattivante, avvincente, pieno di idee e iniziative per tantissimi aspetti. Per ora ancora immacolato, testardamente contro ogni idea di profitto sulle spalle della collettività. Bellissimo! Finalmente!!
…Ma, prima o poi “il movimento” dovrà decidersi a darsi un nome, identificandosi come qualcosa di abbastanza vicino a quello che non vuole essere: “un partito”.
Capisco la paura di fare la brutta fine di tutti gli altri, però secondo me, prima o poi occorrerà decidere se stare “dentro fino in fondo” o “fuori del tutto”; è un rischio da correre, esattamente come gli adolescenti uccidono la crisalide che è in loro per fare coraggiosamente “una scelta”. E sarà una scelta da uomo.

LINK: Adolescenti: istruzioni per l'uso 1
LINK: Adolescenti: istruzioni per l'uso 2
LINK: Adolescenti: istruzioni per l'uso 3

venerdì 11 maggio 2012

Scontro aperto tra un T-rex e la nonna. 1 a 0 per la nonna

verdura
Dino a caccia di…insalata

Oggi avrei qualche pensiero da aggiungere in merito al credito della “normo-mamma” agli occhi dei suoi figli, quando questi superano i 6 mesi di età. Infatti nel primo delta di tempo della vita dei bebè, oltre al fatto che quelli si esprimono piuttosto maluccio, tanto da non far pervenire al genitore critiche in modo così diretto, sono ancora nella fase poetica nella quale sorridono davanti al sorriso dell’adulto. Gli psicologi, nella loro perfidia, sottolineano che il sorriso alla mamma è dovuto “al profumo del suo latte”, più che da altre qualità distintive; inoltre, l’esperienza mostra che spesso il sorriso-bebè derivi dalla presenza della pappa nel piatto piuttosto che dalla tenera vista della mamma… Insomma il tutto sembra ridursi ad uno stimolo che deriva più dalla pancia, piuttosto che da uno roseo e un po’mellifluo sentimentalismo… ma il “vero” disincanto si manifesta più tardi, per esplodere in un BOOM intergalattico in fase adolescenziale.
Dunque, normalmente quello che dico io, agli occhi dei miei figli è una “tremenda fesseria”, mentre la stessa cosa detta, nell’ordine: 1) dagli amici, 2) dagli insegnanti, 3) dal papy, 4) dai nonni, diventa “verità sacrosanta ed indelebile”. E questo da sempre. Passando gli anni, è anche molto peggio.
E ricordo, a proposito di quella famosa ricerca sui dinosauri (post di ieri: http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/05/week-end-dinosauri-e-adolescenti.html), che, dopo il faticoso weed end passato inciampando di continuo in pupazzetti a forma di dinosauro, disegni di dinosauro, figurine di dinosauro, libri e pop up su dinosauri, entra in casa la nonna e, tutti i nipoti, piantandomi in asso come un giocattolo vecchio, esultano in un coro unisono: “La nonna sì che se ne intende di animali… Mica come te!!”.
Mia madre ha una certa cultura, diciamo medio alta. Però su alcuni argomenti, proprio ha un blocco completo, originato da alcune fisse che le impediscono totalmente di prendere atto di pochi semplici dati di fatto. Ad esempio, dopo aver passato ore e ore nel web a raccogliere notizie, ero abbastanza certa che il T-rex non potesse essere un animale “erbivoro”, sebbene, come sostiene la nonna, abbia le zampette corte, “progettate” apposta per raccogliere foglie dagli alberi e scomodissime per un cacciatore di professione. Gli avevo trovato informazioni sui dentoni lunghi 18 cm, che in modo abbastanza evidente sembravano andare contro ogni aspetto mansueto; erano pure affilati e seghettati come le lame dei nostri coltelli da taglio. No. Pensando di essermela cavata con il sabato pomeriggio passato nel “salone del dinosauro”, ho dovuto passare pure la domenica, cercando per quale diamine di cappero di motivo sti qui avessero ste zampe così corte. Per buona pace di tutti, giusto per non aprire uno scontro fra giganti della credibilità attraverso un confronto forzato tra le affermazioni della nonna e il sicuro scetticismo della maestra, gli ho suggerito, nella ricerca, di inserire una frase che lasciasse uno spiraglio al beneficio del dubbio.
Lo ricordo come uno dei miei momenti di più alta diplomazia e slalom oratorio...

giovedì 10 maggio 2012

Week end, dinosauri e adolescenti

ricerca dinosauri
I mio parco dei dinosauri
Non so come sia avvenuto; io sono un tipo mite e rispettoso delle gerarchie; in genere ho la spavalderia del tipico ”spalle-a-pera”: quello che, dietro una scrivania, cerca timidamente di fare al meglio quanto gli viene chiesto, senza idee troppo originali. Eppure i miei geni si sono stranamente combinati in modo da produrre tre gnomi con spiccato e precoce spirito anarchico e sovversivo, arricchito già in passato di molte polemiche preadolescenziali, che animano accese e interminabili discussioni con il mondo “dei vecchi” (cioè “noi”; più in particolare, “io”).
Ho la sensazione che sia una caratteristica generazionale: appena acquisiscono il gusto di quanto sia più divertente usare sempre la testa, prima di mettersi a seguire il gregge, loro si trasformano in piccoli “Mafalda”, già a otto anni, ricchi di ironia e spirito di contraddizione. Forse perché hanno più strumenti di noi a disposizione, forse perché, costituzionalmente, hanno una “rapidità di accessi” che li rende svegli, molto più di noi.
Dopo il tuffo nei ricordi dei giorni scorsi, mi è tornata in mano una ricerca sui dinosauri fatta dal mio primogenito, ora adolescente; la ricerca era stata fatta in terza elementare.
Ricordo perfettamente il week end passato a fare quella ricerca… E come dimenticarlo? Ora, nonostante la fase evolutiva di Andrea sia tale per cui, a fronte di interminabili e noiosissime discussioni inutili, poi però si assuma anche qualche responsabilità sulle fesserie da lui sostenute, da piccolo la sua voglia di ribellione si limitava a fare di lui un piccolo dittatore. Punto.
Lo ricordo come saldamente fedele al motto “quel che tuo è mio, quel che è mio è mio!”; motto valido sia per la spartizione di cose “terrene” tipo trenini, pezzi migliori del Lego, e consimili…, sia per più astratte strategie di azione, tipo “noi non vogliamo capi, ma facciamo tutti quel che dico io!”.
C’era in lui una strana ambivalenza tra un acceso animo anarchico e anticapitalista, contrapposto ad un atteggiamento da piccolo dittatore; i suoi bersagli preferiti, da sempre: io e suo fratello Abi.
Quel week end io ero rimasta l’unica candidata ad aiutarlo a fare la ricerca. I lati positivi erano, tutto sommato, diversi: finalmente un calcio all’appuntamento fisso con il wresling del sabato sera (terribile! E non c’era via di scampo: il lunedì scolastico dei piccoli italiani era vivamente animato da controverse discussioni in materia; in seguito gli argomenti sarebbero variati di poco: calcio/gran premio/moto GP è quanto condisce tutti i lunedì dagli 11 anni in avanti…). Inoltre, i dinosauri, tema della ricerca, destavano un generale interesse, atto a promuovere il coinvolgimento di tutta la famiglia: per giorni, anche Abia ha continuato a disegnare T-rex dappertutto. Questi gli aspetti positivi; ma per dirla proprio tutta, c’è stato anche qualche altro aspetto che si è rivelato… “istruttivo” sul carattere di mio figlio: ad esempio, ho potuto toccare con mano la sua scarsa attitudine a svolgere ruoli dirigenziali. Innanzitutto, un vero capoufficio, se non vuole entrare in lotta operaia con scioperi interminabili dopo appena il primo giorno di lavoro, deve almeno permettere ai sottoposti la pausa pranzo; io credo che questa sia una rivendicazione sindacale ormai indiscussa, e superata persino dalle leggi 626 sul lavoro, che cercano di imporre anche pause dopo ogni ora di lavoro davanti allo schermo di un terminale. Invece, quel sabato sera, ricordo di aver “rubato” dal frigorifero un po’di triste mortadella da infilare in un pezzo di pane e, un po’sottobanco, ho addentato qualche morso davanti alla tastiera del computer, facendo “da braccio” alla “testa dirigenziale” di mio figlio, il quale, implacabile, ha voluto andare avanti a divertirsi scoprendo su internet i segreti dei sauri fino a notte inoltrata. All’epoca era molto inappetente; oggi è il vero motivo di deficit della nostra famiglia: magro come un’acciuga un po’anoressica, divora più piatti di pasta lui di una banda di piranha lasciati liberi dopo una dieta di sei mesi. Quindi, quel giorno, l’unica che lamentava necessità represse tipo fame-sete-pipì-sonno ero io, mentre lui si divertiva moltissimo attratto dalla voracità dei sauri.
Sono cambiate molte cose da allora, sebbene Andrea sia sempre Andrea. Forse, se mi avessero detto come sarebbe andata a finire da lì a qualche anno, probabilmente avrei agito più serenamente e con maggiore calma. Probabilmente, quando le nonne ci dicono che “la stiamo prendendo troppo seriamente” e di “lasciare che il tempo faccia il suo dovere”, forse non è così vero che lo dicono perché “la loro generazione non è in grado di capire la velocità di questo secolo”… Forse qualche lume di ragione ce l’hanno anche loro. O no?

mercoledì 9 maggio 2012

Ari-eccomi!

scatole da portare
Su giù, avanti e indietro, sopra e sotto
…Ari-eccomi. Tiro fuori ora la testa da scatole, polvere e vecchi ricordi.
Esiste sempre un angolo della casa, o la soffitta, o la cantina o un armadio nel quale, quando non sai dove mettere un qualcosa, lo infili lì. Lo lasci lì buono buono fino a… alla settimana prossima, quando “sicuramente” avrai più tempo per sistemare meglio o archiviare quello che hai infilato di fretta. Naturalmente durante la settimana dopo, nella fittissima lista del “da fare urgentissimo” non c’è neanche un angolo di memoria dei buoni propositi di archiviazione. Così passano i mesi. E poi, ovviamente, passano gli anni. E l’angolo della casa si riempie sempre di più, perché c’è sempre il sistema di “stipare” pigiando cose rigide, sfidando tutte le leggi geometriche sullo spazio e le leggi fisiche sull’incompenetrabilità dei corpi. I cimeli appoggiati quel giorno, che sarebbero dovuti essere sistemati meglio la settimana successiva, vengono inevitabilmente sepolti da innumerevoli strati di altri oggetti-cimelio.
E la lista dei cimeli può essere davvero divertente; a volte struggente; altre volte solo un po’nostalgica; altre volte, addirittura irritante (il trovare un grumo di fatture che avresti potuto scaricare nella dichiarazione… del 1997, è una cosa che di solito arriccia i nervi! E, per strana coincidenza, i gomitoli di documenti dimenticati si infittiscono in corrispondenza degli anni di nascita dei figli).
Le fotografie sono quelle che ti fanno perdere più tempo. Se poi c’è uno specchio nelle vicinanze, il tempo impiegato in un repertorio di smorfie per tentare di togliere quello che gli anni hanno aggiunto, è una delle prime cause di ritardo degli impegni del pomeriggio.
E poi c’è il tempo passato in interminabili litigi con lo spazio: le scatole hanno il brutto vizio di essere un centimetro più basse del contenuto che avresti in mente di infilarci; nel contempo sono più larghe di un centimetro del posto ideale dove dovrebbero essere inserite.
Se poi si è un po’allergici alla polvere, sommando anche i pollini che volano in questo periodo e te li ritrovi dappertutto, ne risulta che il tempo passato a starnutire e, di conseguenza, il tempo per piazzare nel giusto verso la povera endolinfa centrifugata nel labirinto auricolare, non è da sottovalutare.
I commenti di tutti i familiari sull’ordine più o meno logico con cui, dopo tanti sforzi, le cose sono state allocate in un posto piuttosto che in un altro, sono di vario genere; tutti sostengono che, messe lì dove hai deciso tu, sono definitivamente introvabili; trovo particolarmente irritante la frase “tanto valeva buttarli via subito!”. Qualcuno sostiene che Paperoga era un maniaco dell’ordine di nazionalità svizzera, confrontato a te. La fase successiva consiste nel dare idee tardive, basate su motivazioni dalla logica ferrea e suffragate da considerazioni di evidente geometria. Il particolare che mi sfugge, però, è capire come sia possibile che tanta matematicità non sia a senso unico, dato che ognuno contribuisce con idee diametralmente opposte.
Poi c’è stato il gran via vai, su e giù dalle scale: scatole vuote da portare in salita e scatole piene da riportare in discesa, dirette in discarica o altrove; sembra che in questo modo, le mie giunture siano state definitivamente usurate, stando agli scricchiolii sinistri di questa mattina.
In compenso, litri e litri di “benessere” accumulati nei posti sbagliati quest’inverno, si sono asciugati, dandomi un’ottima scusa per potermi tuffare nel vasetto della maionese in lauti festeggiamenti.
I miei consanguinei, di fronte alla vista della mamma “dentro” il barattolo della maionese, diventano di colpo tutti molto salutisti. Non li mai sentiti una volta esprimere commenti eruditi in merito al colesterolo mentre sono loro a immergersi nel barattolo del ketchup, magari preso con le dita unticce di patatine fritte.
…Un po’a zig zag, o un po’usurata, un po’a pezzettini, ma sto ancora insieme tutta. Quindi posso dire, con “assoluta certezza”, che “fino a prova contraria”, ci vediamo domani!

LINK: endolinfa, il liquido per l'equilibrio nel nostro orecchio

venerdì 4 maggio 2012

Polvere & ricordi


Oggi vado veloce: sono in fase di “archiviazione” del caos riemerso dal trasloco di cui accennavo ieri. Schiena rotta, ma questo è niente. Il difficile è restare fedeli al programma di riordino di fronte ai calzini dei figli neonati, al primo diploma di “cercatore di tesori nel bosco” (che non sapevano leggere e gli ha letto un adulto), alla prima medaglietta della prima gara di nuoto post-salvagente, …e cose così.
Quello di 14 anni per fortuna è biondo e i peli non si vedono, ma molti suoi coetanei sono barbuti e hanno un vocione ridicolo; ebbene, questo esemplare d’uomo, quando tornerà oggi da scuola, dopo aver riso per una buona mezz’ora trovandomi con i lucciconi e in mano qualcuno dei reperti più singolari, mi farà faticare parecchio per toglierlo dall’angolo polvere&ricordi. Lui e il suo vocione, rimarranno raggomitolati lì, ad ingombrare l’unica piastrella che ho lasciato libera ad hoc, giusto per portare avanti la catena di montaggio del metti-a-posto.
Nel frattempo mia madre ieri è passata “casualmente” da casa mia, per cercare di mettere in tavola qualcosa di commestibile mentre ero indaffaratissima ad archiviare, spolverare, cestinare e metter via. Dopo aver sottolineato a mio padre, che mi osservava incuriosito, che il vero significato di “cercare” è spostare degli oggetti per poi non trovare più neanche quelli, si è data ai fornelli. In realtà quando la nonna si dedica alla cucina, i ragazzi scuotono un po’la testa, sia pur concludendo che la pasta, come la fa lei non la fa proprio nessuno! (“…per fortuna” è un pensiero che nessuno osa esprimere a voce alta…). Ogni volta proviamo a spiegarle che i “pomodori”, oltre a caratterizzare l’etichetta di un vasetto di vetro con la scritta “sugo”, si possono trovare anche nel banco frutta & verdura. E non li puoi confondere perché c’è proprio scritto “pomodori”, ….senza entrare in dettagli troppo tecnici di campi/terra/pianticelle e ortaggi, naturalmente.
Ok. Ho deciso che la mia schiena ha nuovamente una forma più o meno “oblunga” e non più a “Z” come cinque minuti fa, pertanto devo tornare in zona di produzione.
Buon tutto a tutti.

giovedì 3 maggio 2012

La lista “da fare” e il paradosso di Zenone (Achille e la tartaruga)


La lista “da fare” di oggi che ho davanti agli occhi fa venire il mal di mare solo a guardarla, quindi probabilmente andrò a farmi un giro salutare. A piedi, visto che la bicicletta fa parte del capitolo “argomenti no”, dopo quello che è successo.
Sto scribacchiando sul cellulare mentre vago Nonsodove, cercando di mettere in ordine il groviglio di neuroni, accavallati in completo overbooking, poveretti.
archivio caos disordine
...archivio in soffitta? No, in camera da letto
Il capo-casa se ne sta là, seduto tranquillo con il suo gessone al piede mentre le idee, soprattutto quelle più strampalate, gli fioriscono di continuo; e da quella postazione dirige. Sì, lui dirige e io corro. Ieri gli è venuto in mente, come lavoro urgentissimo da fare, uno spostamento divano-letto-armadio-scrivania-mensoline. Probabilmente qualcuno gli avrà portato, per passare un po’il tempo, il “giochino del 15”, quello con le tesserine da sistemare e da qui, il lampo di genio. Naturalmente, svuotando cassetti armadi e mensole per rendere tutto più leggero e trasportabile, è saltato fuori l’”archivio di una vita”; sentirei insopportabili morse al cervelletto se immaginassi di rimettere tutto dentro com’era prima, quindi il panorama prevede una stanza con i mobili nell’ordine giusto ma assolutamente vuoti. Il contenuto è accatastato in una specie di blog magmatico, misto a rotolini di polvere, che vaga e ondeggia per casa in modo un po’inquietante… Un misto di documenti fondamentali, dentini da latte persi dai figli, cartoline in bianco e nero, pezzi di lego (i pezzi di lego, non so perché, viaggiano ovunque… Frigorifero compreso!)… Seguono vari problemi organizzativi, naturalmente, a partire dal fatto che gran parte del guardaroba di casa (mutande e calze comprese) sono al momento irraggiungibili. Anche il nostro letto è abbastanza irraggiungibile, a meno di cimentarsi in un doppio salto misto, in alto e in lungo, centrando l’angolo di sinistra del materasso, unica area rimasta ancora libera. A votare contro il salto in alto: la trave sul soffitto e la mia schiena a pezzettini. Non ipotizzo neanche come sia possibile issare Paolo e il suo gesso per fargli fare il tonfo finale centrando il materasso, angolo a sinistra.
Più vado avanti a scartabellare, scartare, svuotare, riempire, ordinare, cestinare… più la lista “da fare” si allunga perché vengono a galla miriadi di argomenti lasciati in sospeso, ma… “urgentissimi” anni fa! Il brivido che corre lungo la schiena è la sensazione diventata ancora più fastidiosa della schiena a pezzettini.
Ci sono dei teoremi matematici (esame di analisi 1) che spiegano come sia possibile che la mia lista “da fare” si allunghi di continuo, nonostante io mi prodighi in tutti i modi per accorciarla, depennando voci su voci. Ad esempio, Zenone e i suoi amici (Parmenide, Aristotele, …ecc ecc) si sono spaccati le meningi su Achille e la tartaruga; probabilmente erano di fronte alla loro lista “da fare”, constatando che la magia dell’allungamento non è un fatto esclusivo di Harry Potter.
Qualcuno poi ha introdotto il concetto di entropia formulando la teoria del caos nell’universo e, secondo me, l’ideona è venuta dopo aver fatto fare alla moglie un piccolo trasloco; anche Paolo, in questo momento, là seduto dietro al suo gessone, scrive e appunta idee; probabilmente sta elaborando teorie rivoluzionarie, mentre io fatico di muscoli.
....Non è più la società di una volta!

LINK: I Paradossi di Zenone

mercoledì 2 maggio 2012

….Lo sentivo che non era la giornata più adatta!



poco raccomandabili
bassifondi
Ieri sentivo che non era la giornata più adatta.
L’ho ripetuto più volte che sarebbe stato meglio stare a casa sentendo il Tuc-Tuc della pioggia sul tetto della mansarda. Copertina… divano…ciabattoni… Libro e tisana calda.
Ve lo ricordate? L’ho detto anche a voi…!
Ma no: dovevano a tutti i costi andare a fare trial perché altrimenti, secondo loro, sarebbero successe tante di quelle cose così tremende che, tutte assieme, avrebbero sicuramente aumentato l’entropia planetaria al punto che sarebbe esplosa qualche super nova con gravi danni all’umanità. E di fronte ai danni all’umanità…
Carico la bici numero uno sul porta bici (questa volta sono stata bravissima: l’ho caricata “dopo” la trave in cemento armato, evitando il consueto “BAM” su quel pezzo di soffitto più basso). Poi passo alla bici due. Poi smonto tutto perché mi accorgo che il rinforzo in basso del portapacchi è montato capovolto, ma anche questa mezz’ora è già in budget sotto la voce “varie ed eventuali del montaggio bici”.
Poi dobbiamo salire tutti di sopra perché tutti noi abbiamo lasciato mediamente 4 cose fondamentali a testa davanti alla porta, con l’idea che così sarebbe stato impossibile lasciarle a casa. Pur sentendomi un po’fissata, lego le bici già montate sul portabici con un lucchetto (quello di costo “medio”, per il quale non basta il tagliaunghie per reciderlo).
Quando riscendiamo vediamo che della bici “due” non c’è traccia; in compenso è rimasto il lucchetto reciso a metà a penzoloni.
E a questo punto, il boato di urla rabbiose che avete sentito ieri, da qualunque posto voi eravate in quel momento, era il boato delle urla di Abi, visto che la bici “due” era proprio la sua.
Abbiamo provato ad andare ai vigili del quartiere ma evidentemente era il primo maggio anche per loro; abbiamo telefonato alla polizia nazionale e ci hanno risposto che avrebbero provveduto a passare la segnalazione ai vigili di quartiere. In pochi secondi ci siamo trovati con la telefonata già conclusa e nulla di fatto.
Per superare la frustrazione avevamo bisogno di fare qualcosa che ci sembrasse più produttivo e ci siamo suddivisi per scandagliare ogni angolo del paese, frazioni e dintorni compresi, con istinti vagamente primordiali e bellicosi; probabilmente speravamo di trovare un mite signore sulla nostra bicicletta che gironzolava a passo d’uomo e che si sarebbe scusato per il terribile equivoco…
Non abitiamo in un quartiere particolarmente malfamato; anzi, le case sono abbastanza carine e ci sono anche diverse villette con giardino. I “ccciovani” che vedo in giro sono quelli un po’scanzonati che frequentano i miei junior e che, tutto sommato, non mi sembrano producano danni gravi alla società. Eppure, quando cerchi di entrare nei bassifondi di un quartiere, pur non sapendo da che parte incominciare a cercare, dopo pochi minuti scopri che esiste una fauna e un sottobosco che non avresti mai immaginato. L’idea era quella di fermare chi, almeno in apparenza, poteva “saperla lunga” e offrirgli un premio in cambio della “mia” roba, qualora fosse stato così “sceriffo” da ritrovarla.
Sulle prime confesso che non mi sentivo tanto baldanzosa dall’idea di fermare gruppi di ragazzoni strabordanti di muscoli e tatuaggi; poi, ci ho preso la mano e dopo un tot, confesso che ormai la tiritera del premio la sapevo a memoria.
Non credo di aver centrato il bersaglio del vero “abitante del bassofondo” o, tanto peggio “frequentatore abituè di ladri di professione”, perché mi sono attenuta allo stereotipo. In quel momento, l’individuazione del gruppo “cciusto” di ragazzi era basata sui soliti requisiti: vestiti neri e attillati dai quali fuoriuscono rotolini di muscoli, variamente addobbati da vari piercing e tatuaggi; un linguaggio che somiglia il meno possibile all’italiano salvo, nel migliore dei casi, un loro dialogo in cccciovanese-stretto, basato su poche frasi ripetute: “Ehi, fratello!… Bella zia!…”
Casco nero di un motorino nero per le figure più losche; bici sgangherata, per le “vie di mezzo” e gente a piedi o seduta su un muretto per le facce forse più raccomandabili.
In realtà, superando il primo impatto del saluto rivolto a me, secondo lo standard “Ciao zia”, “Ciao bella”, “Ma chi ti ha mandato? Il Gino?”, ho avuto modo di scoprire che, dopotutto, sono ragazzi simpatici e con solo un tubo di voglia di studiare o di stare alle regole del gioco. Ma su questo abbiamo molto in comune: neanche a me piacciono da impazzire le regole del gioco di questa società, dopo tutto!
Non credo che le mie promesse di elargire premi per asciugare i lacrimoni del mio bambino senza la sua bici produranno grandi effetti. Probabilmente avrei dovuto lasciar perdere lo stereotipo e cercare nelle villozze dietro casa, nel garage dei giovani rampolli per bene col papà industriale.
Comunque io lo avevo detto: ieri, invece di vagare sotto il diluvio a cercare inutilmente di recuperare la bici, sarebbe stato tanto meglio divano copertina e libro…!

martedì 1 maggio 2012

E INVECE NO!

Brutto tempo, compertina, divano e tisana calda... Libro da leggere o qualcosa da scribacchiare... Che bello...!
E INVECE NO! Mattinata al trial con il maggiore sotto un bosco umido e piovoso e pomeriggio al torneone di calcio del più junior della famiglia.
Sigh. ...odio i funghi....!
...ci si vede! A poi. Pom.